di Vittorio Sgarbi
Agostino Tassi fu il primo pittore a
rappresentare il viaggio della regina di Saba per mare e non per terra,
come avrebbe fatto poi il suo allievo Claude Lorrain. Il tema biblico,
proposto in altre occasioni, appare tuttavia un pretesto per illustrare
una scenografica veduta con monumentali architetture caratterizzate da
un forte slancio verticale.
Tramite con la cultura nordica, Tassi
articolò la sua produzione in tutte le varianti della pittura di
paesaggio e i suoi modelli - tra realtà e fantasia - furono fondamentali
per lo sviluppo del genere nel XVII secolo. A Roma, dove si stabilì nel
1610, fu apprezzato decoratore ad affresco, per la capacità di dilatare
o negare i confini di un ambiente con architetture illusionistiche. Lo
si vede nella volta del casino delle Muse del palazzo di Scipione
Borghese al Quirinale (oggi Pallavicini Rospigliosi, 1611-12), dove
lavorò a fianco di Orazio Gentileschi, autore delle figure. In opere di
medie dimensioni come questa, Tassi rende la sua visione così nitida e
luminosa in un luogo verosimile come un porto, da inaugurare la pittura
di veduta, rivelandosi anticipatore ed essenziale per il vedutismo
idealizzato di Lorrain, autore, fra altre vedute portuali, di un Imbarco
della regina di Saba (1648), trent'anni dopo Tassi.
In questo
periodo il raffinato pittore si mostrò un uomo brutale, rendendosi
responsabile, provocato dalla spontanea e vivace personalità della
donna, dello stupro di Artemisia Gentileschi, la figlia di Orazio. Il
fatto, che avrebbe condizionato profondamente la vita materiale, la
carriera e la personalità della giovane pittrice, avvenne nel maggio del
1611, ma solo nel marzo dell'anno successivo Orazio decise di
denunciare il collega per aver violentato e deflorato la figlia - e aver
continuato ad abusarne per mesi - nella loro abitazione in via della
Croce. Ne seguì un celebre processo che inflisse a Tassi l'esilio per
cinque anni da Roma; pena che tuttavia il pittore non scontò per intero,
visto che già nel 1613 era attivo a Bagnaia.
La vicenda
restituisce un ambiente di intrighi e di complicità sessuali che vedono
Artemisia vittima e calcolatrice, e pronta a vendicarsi del maschio, più
che per la violenza, per le false promesse, guadagnandosi la
reputazione di antesignana del femminismo, per entrare nella leggenda,
come donna e come pittrice. Il 28 marzo 1612 Artemisia testimoniò in
tribunale di essere andate con Tuzia, locataria del padre Orazio, alla
Chiesa di San Giovanni, dove incontrarono Agostino Tassi e Cosimo
Quorli, suo amico e funzionario papale. Agostino insistette per
riaccompagnare Artemisia a casa. La ragazza disse di averglielo impedito
e che lui si limitò a seguirla da lontano, fino a casa. Una volta
arrivati, Tassi si lamentò della scarsa considerazione di Artemisia per
lui e affermò che se ne sarebbe pentita; Artemisia ribatté che chi la
voleva doveva sposarla. Artemisia raccontò che il giorno seguente Tassi
si presentò di nuovo nei suoi appartamenti e, trovandola a dipingere, le
tolse dalle mani la tavolozza e intimò a Tuzia di lasciarli soli: Tuzia
se ne andò, nonostante la preghiera di Artemisia di non abbandonarla.
Artemisia raccontò che, ancor prima che l'amica fosse uscita dalla
stanza, Agostino aveva poggiato la testa sul suo seno: una volta rimasti
soli, Tassi la chiuse nella stanza e la spinse sul letto. Bloccandola
in modo che non potesse serrare le gambe e che non potesse urlare, cercò
con violenza di penetrarla, mentre lei chiedeva aiuto. Artemisia per
difendersi gli graffiò la faccia, cercò di fargli male e gli strappò i
capelli; Tassi continuò e la violentò. Terminata la violenza, Artemisia
lo ferì con un coltello, poi scoppiò a piangere; Tassi allora cercò di
calmarla, dicendole: «Datemi la mano che vi prometto di sposarvi come
solo uscito dal laberinto che sono».
Questa raccomandazione ebbe
il potere di tranquillizzare la giovane, tanto che in questa deposizione
dichiarò che «con questa promessa mi ha indotto a consentir doppo
amorevolmente più volte alle sue voglie che questa promessa anco me l'ha
più volte riconfermata; e perch'io doppo hebbi notitia che lui haveva
moglie mi dolsi seco di questo tradimento e lui sempre me l'ha negato
dicendomi che non haveva moglie e sempre m'ha confermato che altro che
lui non m'haveva presa. E questo è quanto è passato tra detto Agostino e
me». Per avvalorare la propria testimonianza, Artemisia ribadì la sua
assoluta inesperienza sessuale per mettere a tacere le accuse che le
erano state rivolte. La pittrice concluse l'interrogatorio sostenendo
che tutti i rapporti avuti con Agostino erano sempre avvenuti nella sua
casa (sia quando abitava in via della Croce, sia nella nuova dimora in
via Santo Spirito in Sassia); negò rapporti con altri uomini, in
particolare con Cosimo Quorli: «È ben vero che Cosmo ha fatto tutte le
sue forze per havermi innanzi e doppo che Agostino mi havesse, ma mai io
ho voluto consentire, et una volta in particolare venne a casa mia
doppo che avveo avuto che fare con Agostino e fece tutte le sue forze
per volermi sforzare ma non gli riuscì».
Artemisia seppe solo in
un secondo momento che Tassi era sposato (e le fu detto che la donna era
ancora viva); fino ad allora, era persuasa che Tassi non l'avesse
voluta sposare perché disgustato dai tentativi di violenza che Quorli
aveva cercato di farle. A sua volta Agostino dichiarò di aver cercato di
combinare il matrimonio tra Artemisia e Geronimo Modenese su richiesta
di Orazio, ma aggiunse che esso non si era celebrato perché Geronimo
«era stato benissimo informato che Artimitia era una puttana... sapeva
che c'havevano anco havuto che fare molti altri». Tassi dichiarò di aver
insistito, ricordandogli «le sodisfationi che esso haveva havute da
lei»; Geronimo a quel punto annuì e affermò che l'avrebbe sposata se
d'ora in poi avesse tenuto una condotta onorevole. Secondo il resoconto
di Tassi, il matrimonio fallì comunque perché Geronimo aveva fatto
spiare Artemisia e aveva visto gente entrare e uscire dai suoi
appartamenti, «che pareva che foss'in chiasso». Di conseguenza Tassi non
aveva potuto insistere oltre ed aiutare meglio Gentileschi a restituire
una reputazione onorevole alla figlia. Il giudice richiese un ulteriore
interrogatorio a Tassi l'11 maggio 1612 perché la sua versione dei
fatti era incompatibile con tutte le altre testimonianze raccolte.
Incalzato da numerose domande, Tassi continuò a negare con decisione di
aver mai avuto rapporti carnali con Artemisia.
Subito dopo la
condanna di Agostino, il 29 novembre 1612, Artemisia si unì in
matrimonio nella chiesa di Santo Spirito in Sassia col fiorentino
Pierantonio Stiattesi, con il quale, agli inizi del 1613, si trasferì a
Firenze, dove sarebbe rimasta per otto anni. Qui dipinse per la casa
regnante dei Medici, strinse relazioni con eminenti personalità della
scienza e della cultura e, nel 1616, prima donna nella storia, fu
ammessa alla prestigiosa Accademia del Disegno.
Agostino si mosse
negli ambienti romani, fuori della cerchia di Orazio, e fu molto attivo
come quadraturista e paesaggista: certamente alla sua bottega si formò
anche Claude Lorrain. Nella maturità si avvicinò al classicismo del
Domenichino. Tra le sue opere notevoli, vi sono numerosi interventi per
la decorazione di palazzi e ville di Roma e dintorni: Casino Ludovisi,
Quirinale, palazzo Pamphili, Palazzo De Torres-Lancellotti, palazzo
Odescalchi e palazzo Rospigliosi, nel quale il Cardinale Scipione
Caffarelli-Borghese gli aveva affidato la decorazione a fresco del
Casino delle Muse, insieme a Gentileschi. Muore nel 1644, il 12 marzo.
Dunque l'anniversario ricorre domani, quando la sua veduta in Fondazione
Cavallini Sgarbi sarà esposta nella mostra in Castello Estense, a
fianco della Cleopatra di Artemisia, in cui si cela un autoritratto
della pittrice, mai come in questo travestimento stravolta, quasi
rievocando la violenza subita.
Da www.ilGiornaledellaLiguria.com del 11 Marzo 2018
Nessun commento:
Posta un commento